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Socialdemocràtico tedesco, Partito.

Nome assunto dal Partito socialista tedesco (Sozialdemokratische Partei Deutschlands, SPD) nato a Gotha nel 1875 dalla fusione dell'Associazione nazionale operai, fondata da Ferdinand Lassalle nel 1863, con il Partito socialdemocratico, organizzato su fondamenti ideologici marxisti da August F. Bebel e Karl Liebknecht nel 1869. Il nuovo partito, con il superamento delle idee lassalliane, si orientò progressivamente verso posizioni marxiste, subendo, in particolare, l'influenza di Friedrich Engels. Il nuovo programma dell'SPD, redatto da Karl Kautsky e presentato nel corso del congresso di Erfurt (1891), si prefiggeva quale programma massimo il passaggio dal capitalismo al socialismo e quale programma minimo una serie di trasformazioni attuabili nella società borghese; esso servì da modello a molti partiti socialisti membri della Seconda Internazionale. A partire dal 1896-97 iniziò tuttavia a delinearsi all'interno dell'SPD una corrente revisionista, il cui maggiore esponente fu Eduard Bernstein, che auspicava l'abbandono degli aspetti rivoluzionari della teoria marxista. Tale linea riformista, che incontrò inizialmente difficoltà a imporsi, venendo altresì condannata da Bebel e Kautsky durante il congresso di Hannover (1899), divenne poi dominante, grazie anche al sostegno dei sindacati di ispirazione socialdemocratica. Nel 1914 l'SPD, nonostante la sua tendenza rivoluzionaria, instaurò una politica di collaborazione con il Governo imperiale, perseguendo anche nel dopoguerra, quando inaspettatamente salì al potere in seguito alla rivoluzione del novembre 1918, una politica moderata. Tale condotta culminò nella dura repressione dei movimenti rivoluzionari, in particolare dello Spartachismo (V.) nel gennaio 1919, decisa dal capo del Governo Friedrich Ebert e dal ministro della Guerra Gustav Noske, entrambi socialdemocratici, che cercarono l'appoggio delle forze ultraconservatrici. Durante la Repubblica di Weimar il partito mantenne un atteggiamento esitante e instabile, sia all'opposizione sia al Governo, trovandosi infine spiazzato e impreparato al momento della presa di potere di A. Hitler (1933), il quale lo ridusse alla clandestinità. Alla fine della seconda guerra mondiale nella Germania Occidentale l'SPD, ricostituitasi grazie a Kurt Schumacher, si riprese rapidamente ottenendo un vasto consenso presso le masse operaie, mentre nella zona di occupazione sovietica nell'aprile 1946 si formò il Partito socialista unificato (Sozialistiche Einheitspartei Deutschlands, SED), nato dalla fusione tra il Partito comunista e una frangia della socialdemocrazia. Con la costituzione della Repubblica Federale Tedesca (1949), l'SPD si prefigurò quale maggior partito d'opposizione ai cristiano-democratici, con i quali entrò a far parte del Governo di coalizione guidato dal cancelliere Kurt Kiesinger (1966). Usciti vittoriosi nelle elezioni del 1969, i socialdemocratici mandarono al cancellierato il leader del movimento, Willy Brandt, la cui popolarità era cresciuta dopo l'incarico a ministro degli Esteri nel Governo Kiesinger, in un Governo di coalizione con i liberali. Dopo un'ulteriore affermazione nelle elezioni del 1972, all'interno del partito sorsero contrasti tra l'ala radicale, che appoggiava un deciso programma di riforme, e la destra che si opponeva, in particolare, all'intervento economico dello Stato. Brandt, pretestuosamente implicato in uno scandalo, venne estromesso dal potere (1974), lasciando via libera all'ascesa al cancellierato del moderato Helmut Schmidt, appartenente alla corrente di destra. I socialdemocratici e Smidth, il quale intraprese una politica rivolta a fronteggiare soprattutto le difficoltà economiche e il terrorismo (le leggi antiterrorismo determinarono notevoli problemi al partito, contrastato dall'opposizione giovanile), rimasero al potere fino al 1982. La diminuzione dei consensi all'SPD fu determinata soprattutto dall'affacciarsi sulla scena politica di un nuovo raggruppamento, i Verdi, che ponevano in primo piano la questione ecologica, trascurata da Smidth. Durante il lungo cancellierato del democristiano Helmut Kohl (1982-98), l'SPD rimase all'opposizione. In seguito alla dura sconfitta nelle elezioni anticipate del 1983, il partito cercò di apportare modifiche alla propria linea politica, assumendo un atteggiamento più deciso di opposizione al neoliberismo economico e al filoreaganianismo mostrato dal Governo nei confronti dell'Est. Arrivarono così i successi nelle elezioni regionali del 1985 e del 1986, mentre, nel corso del congresso di Norimberga (luglio 1986), venne discussa la bozza di un Nuovo Manifesto (approvato nel congresso di Berlino Ovest del 1989) con cui ci si proponeva di aggiornare il programma del partito. Nonostante ciò, nelle elezioni del 1987, che portarono nuovamente al Governo la coalizione tra liberali e partiti cristiani, l'SPD perse nuovamente voti a favore dei Verdi. Dopo il cambio di presidenza (nel marzo 1987 Brandt lasciò l'incarico, assunto da Hans Jochen Vogel) i socialdemocratici ottennero una serie di successi, tra cui il Governo della città di Amburgo, amministrata insieme ai liberali, e la riconquista dell'amministrazione di Berlino Ovest (1989) persa nel 1981. Tuttavia il partito non riusciva a trovare contromisure efficaci per contrastare il cancelliere Kohl, celebrato come l'artefice dell'unificazione delle due Germanie (ottobre 1990). L'SPD, che aveva messo in guardia dai pericoli insiti in una rapida unificazione del Paese, dopo la sconfitta nelle elezioni del dicembre 1990, le prime a Paese unificato, ottenne poi vittorie in varie elezioni amministrative. Tuttavia nel 1995 alla stentata vittoria in Assia, il cui controllo venne mantenuto grazie all'alleanza con i Verdi, fecero riscontro il pericoloso arretramento in altre regioni e la perdita dell'amministrazione di importanti municipi (Francoforte, Berlino). Ciò provocò contrasti e tensioni al vertice del partito, in particolare tra Rudolf Scharping, presidente dal 1993, e Gerhard Fritz Kurt Schröder che premeva per una più netta svolta a destra. Costui, assunta sempre più importanza all'interno dell'SPD, guadagnò la candidatura al cancellierato che ottenne nel settembre 1998 e che gli venne confermato quattro anni dopo (settembre 2002), sempre grazie all'alleanza con i Verdi. Nel 2004 Schroeder cedette la carica di leader del partito a Franz Münterfering, il quale, a sua volta, si dimise nel 2005 in favore di Matthias Platzeck. Nelle elezioni del 2005, volute da Schröder stesso dopo i risultati negativi raggiunti dal partito durante le elezioni regionali, l'SPD si ritrovň ad avere un numero di consensi leggermente inferiore a quello dei cristiano-democratici guidati da Angela Merkel: dopo tre settimane di trattative quest'ultima venne nominata nuovo cancelliere tedesco.